Prezioso ma semplice, stupefacente eppure spontaneo, come la natura. Questo è il concetto di gioiello concepito da Van Cleef & Arpels. Non è un caso se la grande mostra dedicata alla maison francese, da poco conclusa al Palazzo Reale di Milano, è stata intitolata “Il tempo, la natura e l’amore”. Più di 400 gioielli sono stati esposti in un allestimento concepito attraverso l’energia onirica di Italo Calvino, che aveva codificato questi valori: leggerezza, rapidità, visibilità, esattezza, molteplicità.
Tra i più grandi marchi di gioielli, Van Cleef & Arpels nasce a Parigi nel 1896, dal 1906 al numero 22 di Place Vendôme, dove Alfred Van Cleef inizia l’attività insieme allo zio e suocero Salomon Arpels. Le loro creazioni sono state indossate dalle stelle cinema e da icone impresse nella storia, come Farah Pahlavi, Grace Kelly, Elizabeth Taylor e Eva Perón. La cifra stilistica della maison francese si può individuare in alcune creazioni e invenzioni che hanno fatto la storia della gioielleria. Iniziamo con la tecnica dell’incastonatura invisibile, elaborata nel 1930.
E’ Alfred Langlois, ispirato da un micromosaico del XIX secolo, che inventa un modo per incastonare le pietre nei gioielli senza lasciare spazi, realizzando una superficie continua. I due orafi e gioiellieri francesi Salomon Arpels e Alfred Van Cleef rielaborarono con Langlois la tecnica, che 1933 viene brevettata.
Nel 1951 Van Cleef & Arpels presenta un’altra novità, che diventerà un pezzo iconico. E’ la collana a zip, realizzata in oro e pietre preziose su ispirazione della duchessa di Windsor, che alla fine degli anni Trenta suggerì a Renée Puissant, direttrice artistica della maison e figlia della coppia fondatrice, l’idea di un gioiello ispirato alla chiusura lampo.
Negli anni Cinquanta si scatena un enorme successo anche per la collezione ‘Tissu Serge’ (1951), dove spicca una spilla a forma di nodo, accompagnata da un bracciale a forma di polsino completo di occhiello e bottone, in pendant con una collana. Negli anni Sessanta e Settanta, ricordiamo anche spille e orecchini ‘Rose de Nöel’ in corallo rosso, rosa e bianco, le spille ‘Clematis’ in oro e legno, per non parlare delle suggestioni orientali ed ispirazioni per i gioielli indossati dai Maharajas.
Ma è nel 1968, anno rivoluzionario, che la maison realizza l’idea di un gioiello tanto semplice quanto magnetico. Stiamo parlando di Alhambra, la collana di quadrifogli. Stiamo parlando di quel gioiello ispirato alla natura e portafortuna, che ha trasformato l’effigie di un quadrifoglio in un simbolo classico e intramontabile della gioielleria, diventando icona della maison.
La sensibilità verso la natura e il gusto esotico caratterizzano il gusto dei gioielli Van Cleef & Arpels, i primi francesi a sbarcare in Giappone nel 1974. Non stupiscono quindi le parole della curatrice della mostra di Milano, Alba Cappellieri, professore ordinario di Design del gioiello e dell’accessorio al Politecnico di Milano e direttore del Museo del gioiello di Vicenza. “Il gioiello – ha detto Cappellieri – è sempre in bilico tra eternità ed effimero, tradizione e moda, amore e investimento, bellezza e concetto e il rapporto con il tempo è controverso mentre qui vogliamo dimostrare la capacità della maison francese di rappresentare pienamente sia il tempo frammentato del XX secolo che la capacità di incarnare gli eterni valori della bellezza e, allo stesso tempo, il potere effimero della seduzione” (Le immagini possono essere soggette a Copyright).