Chi come Curio ama il gioiello in tutte le sue forme non può non rimanere ipnotizzato di fronte alla scala elicoidale di Palazzo Corsini. Con questa scelta architettonica scopriamo l’artificio tipico del gusto effimero del barocco per esprimere l’infinito. La meravigliosa residenza di una della più importanti famiglie nobili di Firenze, si prepara ad accogliere nuovamente la Biennale internazionale dell’Antiquariato. Edificio storico della città, nell’omonimo Lungarno,il palazzo rappresenta un unicum nel suo genere a Firenze.
Dopo l’ascesa sociale, politica ed economica dei Corsini nel Seicento, la nobile abitazione fu rielaborata dall’architetto Alfonso Parigi il Giovane, quindi da Ferdinando Tacca e, quasi a fine Seicento, da Pierfrancesco Silvani, a cui si deve la particolarissima forma ad “u” e la già citata scala elicoidale. La conclusione del palazzo avvenne per opera di Antonio Maria Ferri, che organizzò i tre corpi della struttura attorno alla corte centrale, che apre un particolarissimo vuoto. L’architettura a Firenze era stata già messa idealmente ‘in arte’ dall’uomo del Granduca Cosimo I, Giorgio Vasari, di cui la forma a quinta scenica degli Uffizi è forse citata nella struttura di Palazzo Corsini. Se il palazzo è la quinta scenica di uno spettacolo che si chiama Firenze, le terrazze all’ultimo piano rappresentano l’ultimo atto, animato con statue e vasi in terracotta, di una mise en scène davvero impressionante. Altra curiosità del palazzo, che fa rimanere a bocca aperta, è la grotta artificiale, detta del Ninfeo, opera di Antonio Maria Ferri, eseguita tra il 1692 e il 1698, insieme allo stuccatore Carlo Marcellini e ai pittori Rinaldo Botti e Alessandro Gherardini. Anche il piano nobile è stato ideato e progettato da Ferri, col Salone del Trono, situato tra la Galleria Aurora e la Sala da Ballo. Di grande impatto visivo è l’affresco della volta di Domenico Gabbiani, raffigurante la Glorificazione della famiglia Corsini, del 1696, dal quale pendono due gigantesche lumiere in legno intagliato e dipinto.A questo proposito non possiamo dimenticare lo splendido affresco, dalle allegorie botticelliane, che orna la volta della sala da ballo, opera di Alessandro Gherardini, eseguito tra il 1695 e 1696 con scene mitologiche che ritraggono il carro di Aurora trainato da Pegaso, il mitico cavallo alato, preceduto da un puttino che sorregge una torcia, emblema della divinità.